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Come navigare fra i flutti della crisi (e della ripresa), ossia come utilizzare la Matematica per ottimizzare i propri investimenti finanziari Vincenzo Vespri Dipartimento di Matematica “Ulisse Dini” Università di Firenze [email protected] Tel: 055 4237149 homepage: http://web.math.unifi.it/users/vespri/ Debito in Eurolandia Dati Eurostat 15/11/2010 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_ PUBLIC/2-15112010-AP/EN/2-15112010AP-EN.PDF 2006 2007 2008 2009 Euro area (EA16) GDP market prices (mp) (million euro) 8 561 831 9 019 608 9 248 228 8 957 736 Government deficit (-) / surplus (+) (million euro) -116 763 -58 519 -186 010 -563 419 (% of GDP) -1.4 -0.6 -2.0 Government expenditure (% of GDP) -6.3 46.7 46.0 46.9 50.8 Government revenue (% of GDP) 45.3 45.3 44.9 44.5 Government debt (% of GDP) 68.5 (million euro) 66.2 69.8 79.2 Belgium Government deficit (-) / surplus (+) (million euro) 573 -1 105 -4 622 -20 351 (% of GDP) 0.2 -0.3 -1.3 -6.0 Government expenditure (% of GDP) 48.6 48.4 50.2 54.2 Government revenue (% of GDP) 48.8 48.1 48.8 48.1 Government debt (million euro) (% of GDP) 88.1 84.2 89.6 96.2 Bulgaria Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) 1.9 1.1 1.7 -4.7 Government expenditure (% of GDP) 34.4 39.7 37.6 40.6 Government revenue (% of GDP) 36.2 40.8 39.3 35.9 Government debt (% of GDP)21.6 17.2 13.7 14.7 Germany Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) -1.6 0.3 0.1 -3.0 Government expenditure (% of GDP) 45.3 43.6 47.5 Government revenue (% of GDP) 43.7 43.8 44.5 Government debt (million euro) 1 571 636 1 578 687 1 643 805 1 760 530 (% of GDP) 67.6 64.9 66.3 73.4 43.8 43.9 Ireland GDP mp 177 343 189 374 179 989 159 645 Government deficit (-) / surplus (+) (million euro) 5 198 47 -13 149 -22 958 (% of GDP) 2.9 0.0 -7.3 -14.4 Government expenditure (% of GDP) 34.4 36.8 42.7 48.9 Government revenue (% of GDP) 37.4 36.8 35.4 34.5 Government debt (million euro) 44 003 47 349 79 815 104 592 (% of GDP) 24.8 25.0 44.3 65.5 Greece GDP mp (million euro) 211 314227 134 236 936 235 035 Government deficit (-) / surplus (+) (million euro) -12 109 -14 465 -22 363 -36 150 (% of GDP) -5.7 -6.4 -9.4 -15.4 Government expenditure (% of GDP) 44.8 46.4 48.9 53.1 Government revenue (% of GDP) 39.3 39.8 Government debt (million euro) 224 204 238 581 261 396 (% of GDP) 106.1 105.0 110.3 126.8 39.6 298 032 37.8 Spain GDP mp (million euro) 984 284 1 053 537 1 088 124 1 053 914 Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) 2.0 1.9 -4.2 -11.1 Government expenditure (% of GDP) 38.4 39.2 41.3 45.8 Government revenue (% of GDP) 40.4 41.1 37.1 34.7 Government debt (million euro) 389 507 380 660 432 978 560 587 (% of GDP) 39.6 36.1 39.8 53.2 France GDP mp Government deficit (-) / surplus (+) -41 066 -51 433 -64 677 -143 834 (% of GDP) -2.3 -2.7 -3.3 -7.5 Government expenditure (% of GDP) 52.7 52.3 52.8 56.0 Government revenue (% of GDP) 50.4 49.6 49.5 48.4 Government debt (million euro) 1 149 937 1 208 950 1 315 147 1 489 025 (% of GDP) 63.7 63.8 67.5 78.1 Italy GDP mp (million euro) 1 485 377 1 546 177 1 567 851 1 520 870 Government deficit (-) / surplus (+) (million euro) -49 921 -23 517 -42 694 -80 863 (% of GDP) -3.4 -1.5 -2.7 -5.3 Government expenditure (% of GDP) 48.7 47.9 48.8 51.9 Government revenue (% of GDP) 45.4 46.4 46.2 46.6 Government debt (million euro) 1 584 093 1 602 069 1 666 461 1 763 559 (% of GDP) 106.6 103.6 106.3 116.0 Hungary Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP)-9.3 -5.0 -3.7 -4.4 Government expenditure (% of GDP) 52.0 50.0 48.8 50.5 Government revenue (% of GDP) 42.6 45.0 45.1 46.1 Government debt (% of GDP)65.7 66.1 72.3 78.4 Portugal GDP mp (million euro) 160 273 168 737 172 103 168 076 Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) -4.1 -2.8 -2.9 -9.3 Government expenditure (% of GDP) 44.5 43.8 43.6 48.2 Government revenue (% of GDP) 40.5 40.9 40.6 38.8 Government debt (million euro) 102 440 105 857 112 353 127 908 (% of GDP) 63.9 62.7 65.3 76.1 Finland Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) 4.0 5.2 4.2 -2.5 Government expenditure (% of GDP) 49.0 47.2 49.3 56.0 Government revenue (% of GDP) 52.9 52.4 53.5 53.3 Government debt (million euro) (% of GDP)39.7 35.2 34.1 43.8 United Kingdom Government deficit (-) / surplus (+) (% of GDP) -2.7 -2.7 -5.0 -11.4 Government expenditure (% of GDP) 44.2 44.0 47.4 51.6 Government revenue (% of GDP) 41.5 41.3 42.5 40.4 Government debt (million GBP) 577 123 624 700 753 630 949 673 (% of GDP) 43.4 44.5 52.1 68.2 Su channel 4 un programma si intitola: "Britain's Trillion Pound Horror Story" http://www.channel4.com/programmes/britai ns-trillion-pound-horror-story Debito estero: Totale Procapite Percentuale Stati Uniti $13,773,000 $42,343 Regno Unito $12,670,000 $174,167 Germania $4,489,000 $54,604 Francia $4,396,000 $68,183 95% 374.96% 159.92% 211.86% Negli Stati Uniti circa la metà del debito pubblico estero è detenuta da investitori cinesi Olanda$2,277,000 $136,795 352.75% Irlanda$1,841,000 $448,032 960.86% Giappone$1,492,000 $4,528 34.93% Svizzera$1,340,000 $174,526 441.95% Belgio$1,313,000 $126,202 348.74% Spagna$ 2,478,000 $49,619 150.65% Italia$1,060,000 $18,235 58.21 % In Italia il debito estero è circa il 60% del debito pubblico totale. Truffe finanziarie Applicare sempre l’idea che i soldi nessuno li regala Lo schema di Ponzi è un modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi "investitori", a loro volta vittime della truffa. Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. • Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso diventa di tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità. Le caratteristiche tipiche sono: • Promessa di alti guadagni a breve termine • Ottenimento dei guadagni da escamotage finanziari o da investimenti di "alta finanza" documentati in modo poco chiaro • Offerta rivolta ad un pubblico non competente in materia finanziaria • Investimento legato ad un solo promotore o azienda Risulta evidente che il rischio di investimento in operazioni che sfruttano questa pratica è molto elevato. Il rischio è crescente al crescere del numero degli iscritti, essendo sempre più difficile trovare nuovi adepti. • In Italia, Stati Uniti e in molti altri Paesi, questa pratica è un reato, essendo a tutti gli effetti una truffa. La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano in USA che divenne noto per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo ad usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome coinvolgendo 40.000 persone e raccogliendo oltre 15 milioni di dollari. Nel 1918 prometteva un tasso di rendimento sugli investimenti del 50% in 90 giorni . La truffa venne scoperta nel 1920. Lo schema di Ponzi è tornato alla ribalta internazionale il 12 dicembre 2008, a causa dell'arresto di Bernard Madoff, ex presidente del NASDAQ ed uomo molto famoso nell'ambiente di Wall Street. L'accusa nei sui confronti è di aver creato una truffa da 50 miliardi di dollari (una delle maggiori della storia degli Stati Uniti) proprio sul modello dello schema di Ponzi, attirando nella sua rete molti fra i maggiori istituti finanziari mondiali . Lo schema di Ponzi (e di Madoff) si basa su una falsa informazione. Si fa girare l’informazione che ci sia la possibilità di avere rendimenti mirabolanti e si aspetta che abbocchino i “clienti” gonzi attratti dalla possibilità di avere rendimenti nettamente superiori al mercato (nel caso di Madoff tra i gonzi si annoverano i vertici dell’UBS, i vertici d Unicredit etc..che pero’ hanno pagato la loro gonzaggine con i soldi degli azionisti e non con i propri… BOLLE SPECULATIVE Si definisce bolla speculativa una particolare fase di un qualsiasi mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo. Generalmente si parla di bolla speculativa con riferimento a mercati finanziari, nei quali vengono trattate azioni, obbligazioni e titoli derivati. Ma la storia delle bolle insegna che sono stati frequenti i casi di bolle speculative che hanno riguardato beni materiali, come gli immobili. Generalmente si parla di bolla speculativa con riferimento a mercati finanziari, nei quali vengono trattate azioni, obbligazioni e titoli derivati. Ma la storia delle bolle insegna che sono stati frequenti i casi di bolle speculative che hanno riguardato beni materiali, come gli immobili. L'eccesso di domanda che spinge verso l'alto in poco tempo il valore di un bene, di un servizio, di una impresa o più semplicemente di un titolo che rappresenta un qualche diritto sugli stessi, si può ricondurre all'irrazionale euforia di soggetti economici convinti che una nuova industria, un nuovo prodotto, una nuova tecnologia potranno offrire cospicui guadagni e registrare una crescita senza precedenti. Scatta pertanto la corsa all'acquisto del diritto, nella speranza di rivendere lo stesso ad un prezzo superiore. La corsa all'acquisto provoca un aumento del prezzo che conferma, agli occhi di molti, la bontà della precedente previsione di un futuro aumento del prezzo del diritto. Questo stimola ulteriormente gli acquisti e quindi fa aumentare ancora una volta il prezzo. La profezia in altri termini si avvera, inducendo nuovi soggetti economici ad acquistare i medesimi titoli. Tra questi, man mano che i valori crescono, si annoverano sempre più soggetti solitamente restii ad acquistare strumenti finanziari dal rischio elevato. L'eccesso di acquisto di un diritto ad un certo punto si arresta. Le cause possono essere almeno tre: è difficile trovare nuovi investitori disposti ad acquistare ulteriori diritti ad un prezzo che nel frattempo è diventato elevato; chi ha comperato diritti in precedenza è spinto a vendere i titoli per monetizzare il guadagno; le ottimistiche prospettive di guadagno precedentemente formulate possono essere riviste e ridimensionate. Alla fase di crescita dei valori segue dunque una fase opposta, durante la quale si assiste ad un calo considerevole delle quotazioni. la Bolla dei tulipani (in inglese anche tulipomania) è stata probabilmente la prima bolla speculativa documentata nella storia del capitalismo. Nella prima meta' del XVII secolo, nei Paesi Bassi la domanda di bulbi di tulipano raggiunse un picco così alto che ogni singolo bulbo di tulipano raggiunse prezzi enormi. Nel 1623, un singolo bulbo di un famosa razza di tulipano poteva costare anche un migliaio di fiorini olandesi (il reddito medio annuo dell'epoca era di 150 fiorini). I tulipani erano scambiati anche con terreni, animali vivi, e case. Presumibilmente, un buon speculatore poteva anche guadagnare seimila fiorini al giorno. Nel 1635, fu registrata una vendita per 100,000 fiorini. Per comparazione, una tonnellata di burro costava circa 100 fiorini e "otto maiali grassi" costavano 240 fiorini. Nel febbraio del 1637 i commercianti di tulipani non poterono più ottenere prezzi gonfiati per i loro bulbi, e cominciarono a vendere. La bolla scoppiò. Si incominciò a pensare che la domanda di tulipani non avrebbe potuto più mantenersi a quei livelli, e questa opinione si diffuse man mano che aumentava il panico. Alcuni detenevano contratti per comprare tulipani a prezzi dieci volte maggiori di quelli di mercato (ormai crollato), mentre altri possedevano bulbi che valevano un decimo di quanto li avevano pagati. Centinaia di olandesi, inclusi uomini di affari e dignitari, erano finanziariamente rovinati. Per bolla della South Sea Company o South Sea Bubble, si intende la bolla speculativa che si è creata, attorno al 1720, in Inghilterra sulle azioni della South Sea Company. La South Sea Company viene fondata nel 1711 con il fine di rilevare il debito pubblico inglese, che ammonta a 10 milioni di sterline. La società si accolla il debito pubblico inglese e in cambio riceve un interesse annuo pagato dallo stato e il monopolio dei commerci con le colonie spagnole nel Sud America. Per finanziare l'operazione la società emette, in diverse tranches, proprie azioni. Ogni emissione avviene a prezzi crescenti. L'euforia verso questo e altri collocamenti azionari avvenuti nello stesso periodo spinge verso l'alto il valore delle azioni, arricchendo gli amministratori della società e diversi uomini politici, possessori di azioni e di diritti sulle azioni della società. Come ogni bolla speculativa, nel momento in cui la domanda di titoli cessa di essere forte e, in questo caso, cessa di essere stimolata in tutti i modi dai dirigenti dell'impresa interessati a speculare sul prezzo delle azioni, quando scoppia le vittime sono tante. Tra queste anche il celebre scienziato Newton. Lo scoppio della bolla ha effetti dirompenti sull'economia e nel mondo della politica inglese. Dopo i tumulti viene varata una legge, il Bubble Act, che per circa un secolo, fino al 1826 vieta la libera costituzione di società per azioni. La bolla immobiliare è un tipo di bolla economica che si presenta periodicamente nei mercati immobiliari locali, o anche globalmente. È caratterizzata da un rapido aumento dei prezzi immobiliari che si portano a livelli insostenibili in rapporto ai redditi medi o ad altri parametri economici. Le bolle immobiliari sono generalmente seguite da consistenti diminuzioni dei prezzi immobiliari, anche con punte del 60% dei valori reali (come avvenne per esempio a Roma negli anni 90) che possono portare molti proprietari al negative-equity (debito ipotecario superiore al valore corrente della proprietà). Per l'Italia non si può parlare di bolla immobiliare generalizzata quanto piuttosto di una situazione a macchia di leopardo che ha riguardato specialmente i grandi centri, in particolare Roma, dove gli incrementi dei prezzi in un decennio sono stati superiori al 200% in media, con punte più alte nelle zone centrali Resta anche da valutare per l'Italia i problemi seguiti all'introduzione dell'Euro sulla dinamica dei prezzi e il basso livello di retribuzione da lavoro dipendente, caratteristico del nostro paese, che è certamente penalizzante in un mercato aperto ad acquirenti esteri, per quanto non esistano al momento esempi storici in cui un elevato disallineamento tra redditi e prezzi immobiliari si sia protratto per più di qualche anno. Altre bolle: Ferrovie Inglesi del 700 Titoli Tecnologici (Tiscali e’ arrivata a valere 1500 Euro, adesso vale a mala pena 6) Ogni societa’ e ogni epoca e’ attraversata (almeno una volta) dall’idea di un arricchimento rapido e senza fatica…e ogni volta la societa’ piange sulle macerie che seguono la fine della bolla speculativa. Domanda Filosofica: qual’e’ la differenza fra la truffa e la bolla speculativa? Vediamo altri esempi di “truffa”. “Esempio”: A mia madre (83-enne) il Monte dei Paschi di Siena ha offerto la seguente obbligazione a tasso variabile. Durata 30 anni. Tasso variabile: Primo anno e mezzo al 3.5 lordo, poi Euribor 6 mesi + 1.05 di spread Dopo 10 anni callable dalla banca alla pari Obbligazione garantita da mutui ed affitti E’ conveniente? Prima di tutto cerchiamo di capire: Euribor 6 mesi: 16-11-2010 1,275% Tassi degli ultimi anni: 04-01-2010 0,996% 02-01-2009 2,945% 02-01-2008 4,703% 02-01-2007 3,857% 02-01-2006 2,643% 03-01-2005 2,209% 02-01-2004 2,151% 02-01-2003 2,794% 02-01-2002 3,228% 02-01-2001 4,788% Euribor è l'acronimo della dicitura inglese Euro Interbank Offered Rate. L'Euribor rappresenta il tasso medio d'interesse con cui 57 tra i principali istituti bancari europei (le cosiddette "banche di riferimento") effettuano le operazioni interbancarie di scambio di denaro nell'area Euro. Ai fini della determinazione dei tassi Euribor non vengono compresi i valori ricompresi entro la fascia minima e massima del 15% degli indici emessi. Tutti i giorni feriali, alle ore 11.00 i tassi di interesse Euribor vengono fissati e comunicati a tutte le parti interessate e agli addetti stampa. Quando si parla di Euribor, si sente spesso dire "il tasso Euribor", come se esistesse soltanto un unico valore Euribor di riferimento. Ciò non corrisponde tuttavia al vero: esistono infatti ben 15 tassi di interesse Euribor, ognuno dotato di una durata diversa. Possiamo infatti distinguere fra Euribor a 1, 2 o 3 settimane e tra Euribor a 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 12 mesi. Il tasso Euribor esiste sin dal 1999, l'anno in cui l'Euro è stato introdotto come moneta sui mercati finanziari. Anche prima dell'avvento dell'Euribor veniva quotidianamente pubblicato un indice di riferimento (in Italia con il nome di "Ribor"). Ciascun paese aveva inoltre un proprio tasso di riferimento nazionale, come ad esempio il "Pibor" in Francia, il "Fibor" in Germania o lo "Aibor" nei Paesi Bassi. I valori dei tassi d'interesse Euribor vengono ovviamente determinati in primo luogo dai meccanismi di domanda e di offerta. Si tratta infatti di un tasso di mercato che viene fissato sulla base delle quotazioni provenienti da un gruppo formato da diversi istituti bancari. Vi è tuttavia una serie di fattori esterni in grado di influire sensibilmente sui valori dei tassi di interesse Euribor: basti pensare, per esempio, a parametri economici quali la crescita dell'economia o l'entità dei tassi d'inflazione. Quindi , considerando la crisi attuale ci si aspetta tassi molto bassi per i prossimi anni. E i tassi fissi? 10/11/2011 il BTp a 15 anni (1/3/2026), offerto in seconda tranche, é stato assegnato al tasso lordo annuo del 4,81% mentre per il BTp trentennale (1/8/2034), é stato aggiudicato al 5,12 per cento. Quindi convenienza ma in futuro, molto futuro.. Perche’ la banca MPS ha emesso questa obbligazione? Due ipotesi: 1) Per trasferire il rischio 2) Per ottemperare alle richieste di Basilea 2e3 RISCHIO Quello del rischio è un concetto connesso con le aspettative umane e le capacita' umane di predizione/intervento in situazioni non note od incerte. Indica un potenziale effetto negativo su un bene che può derivare da determinati processi in corso o da determinati eventi futuri. Nel linguaggio comune, rischio è spesso usato come sinonimo di probabilità di una perdita o di un pericolo/minaccia. • Rischio per l'impresa. Rischio economico quando incide sui risultati reddituali; legato all'equilibrio tra costi e ricavi; Rischio finanziario quando incide sulla liquidità aziendale; legato all'equilibrio tra flussi monetari in entrata e in uscita; Rischio patrimoniale quando incide direttamente sulle attività e sul patrimonio dell'impresa. Nella gestione progetti (es. in edilizia, infrastrutture, sistemi informativi, impianti, eventi, sviluppo nuovi prodotti, ecc.) il rischio è un aspetto inevitabile. Il rischio viene quindi analizzato, classificato, indirizzato e monitorato secondo diverse metodologie e strumenti (es. esempio analisi cause-effetti). I costi totali di progetto sono quindi formati dai costi base di progetto, dai costi di esecuzione del piano d'azione del rischio e dalla riserva residua. Rischio di controparte: rischio legato all'inadempienza contrattuale della controparte, è quindi il rischio che la controparte dell'operazione non adempia nei modi e tempi previsti dal contratto. Rientra nella categoria dei rischi puri. Rischio di credito (o Rischio di insolvenza): rischio che nell'ambito di un'operazione creditizia il debitore non assolva anche solo in parte ai suoi obblighi di rimborso del capitale e di pagamento degli interessi. Ad esempio: la società emittente di un prestito obbligazionario rimborsa solo il 20% del prestito • Rischio di liquidità: nell'ambito di un'operazione creditizia è il rischio che il debitore non adempia ai suoi obblighi monetari nei tempi previsti. • Rischio Paese: è il rischio, legato alle operazioni internazionali, che il debitore estero non adempia per cause dipendenti dalle variabili macroeconomiche del Paese in cui opera. • Rischio di regolamento: rischio che nell'ambito di una transazione di strumenti finanziari la controparte non adempia. • Rischio di mercato: rischio legato all'andamento non prevedibile delle variabili macroeconomiche. Rientra nella categoria dei rischi speculativi. Rischio inflazionistico: rischio che variazioni nel livello generale dei prezzi portino ad una perdita del potere d'acquisto della moneta detenuta e una perdita di valore dei crediti. Rischio di cambio: rischio che variazioni dei tassi di cambio portino ad una perdita del potere d'acquisto della moneta detenuta e una perdita di valore dei crediti. Rischio di interesse: rischio legato alle variazioni dei tassi di interesse. Rischio di prezzo delle azioni e delle commodity: rischio di variazioni del valore di mercato della azioni e delle commodity in portafoglio. Rischio Operativo Rischio operativo: è il rischio di subire perdite derivanti dall'inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi, oppure da eventi esogeni. Tale definizione ricomprende anche il rischio legale. In una gestione del rischio ideale sono trattati per prima cosa i rischi correlati ad una grande perdita ed una grande probabilità di accadere, invece i rischi con bassa probabilità di occorrenza e basse perdite sono trattati con ritardo. In pratica il processo può essere estremamente complesso, infatti rischi con alta probabilità di occorrenza, ma con bassa perdita, e rischi con alta perdita, ma bassa probabilità di occorrenza, possono essere mal governati. Basilea I è la denominazione con cui ci si riferisce ad una serie di delibere delle banche centrali di tutto il mondo e nel 1988, il Comitato di Basilea (BCBS) pubblicò nell'omonima città svizzera una serie di requisiti patrimoniali minimi per gli istituti di credito. Questo è noto anche come l'accordo di Basilea '88 e fu promulgato dal G10 nel 1992, sebbene le banche giapponesi abbiano richiesto un prolungamento del periodo di transizione. Basilea I è ora notoriamente sorpassato e sono ora operative in fase di implementazione in molti paesi le linee guida note sotto il nome complessivo di Basilea II. Basilea II, forma breve con cui ci si riferisce al Nuovo Accordo sul Capitale di Basilea, che ha rimpiazzato il precendente accordo noto come Basilea I. Tale accordo, maturato nell'ambito del Comitato di Basilea per la Supervisione Bancaria, ha portato alla stesura di un documento condiviso, nel quale si introduce il concetto di requisito patrimoniale "risk based". Si sancisce che i requisiti patrimoniali delle banche devono essere commisurati all'effettivo ammontare di rischio assunto dalle stesse. I requisiti patrimoniali minimi che le banche sono tenute a rispettare costituiscono il Primo pilastro dell'accordo di Basilea. I rischi fondamentali per cui è necessario determinare il requisito patrimoniale sono di tre tipi: rischio di credito, rischio di mercato e rischio operativo. Il "Nuovo Accordo" introduce nuove e più sofisticate metodologie di valutazione dei rischi. Si usa parlare di tre pilastri. Il primo, quello che sancisce l'obbligo di detenere requisiti minimi a fronte dei rischi di mercato, credito e operativo, è stato già menzionato. Il Secondo Pilastro invece introduce la necessità della revisione prudenziale del requisito patrimoniale. Tale obbligo coinvolge sia gli istituti di vigilanza prudenziale (per l'Italia ne è in carico la Banca di Italia), che devono sorvegliare sul rispetto degli obblighi patrimoniali, sia le stesse banche vigilate, che devono periodicamente autovalutare la propria esposizione complessiva ai rischi, anche a quelli non compresi nel primo pilastro, a fronte dei quali devono rispondere con l'accantonamento di un ammontare adeguato di capitale. Le banche sono tenute a far fronte con la patrimonializzazione: non solo i rischi "di primo pilastro", ma anche quelli "di secondo pilastro", come il rischio di tasso di interesse, il rischio di liquidità e il rischio di concentrazione geosettoriale. Il Terzo Pilastro infine sancisce l'obbligo dell'informativa al pubblico per i soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale (le banche in primis). Numerosi istituti di credito hanno sofferto degli effetti di una gestione poco prudente del credito: questo ha reso evidente che esistevano alcune pesanti tare all'interno del quadro normativo grazie a cui le banche valutavano i rischi delle aziende cui accettavano di aprire un credito. Era, in altri termini, diventato obsoleto il modo di valutare se l'impresa che chiedeva un credito sarebbe stata in grado di ripagarlo, entro quanto e quanto reddito avrebbe generato. L'accordo esistente sull'argomento, il Basilea I risultò incentrato su una visione semplificata dell'attività bancaria e della rischiosità delle aziende. Nei primi del Novecento, il Glass-Steagall Act aveva introdotto una distinzione giuridica fra banche commerciali e banche d'investimento, attività che non potevano essere svolte dallo stesso soggetto giuridico per il conflitto di interessi esistente fra le due. Il Glass-Steagall Act proibiva alle banche commerciali, o a società da esse controllate, di sottoscrivere, detenere, vendere o comprare titoli emessi da imprese private. Questa rigida separazione venne decisa dopo che un comitato d'inchiesta (noto come Pecora Committee), promosso dal Senato americano in seguito ai numerosi fallimenti conseguenza della crisi del '29, verificò che alcune banche avevano collocato presso i propri clienti titoli emessi da imprese loro affidate, e che queste avevano successivamente utilizzato i fondi così raccolti per rimborsare i prestiti precedentemente concessi dalla banca. In sostanza, le banche avrebbero trasformato potenziali sofferenze in emissioni collocate presso i propri clienti. Negli Stati Uniti, nel 1998 (Clinton) fu approvata una legge che abrogava la separazione fra banca commerciale e banca d'investimenti. Seguì una concentrazione nel settore che portò a un oligopolio di grandi istituti come Citigroup, o l'AIG o la Bank of America. Su pressione dell'Unione Europea, il 28 aprile 2004 le cinque maggiori banche del settore si riunirono - con l'ausilio dell'allora capo della Goldman-Sachs e futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson - e lanciarono una proposta al capo della SEC di allora, William Donaldson (nominato da George Bush), ex banchiere d'investimento. Le banche proposero di accettare nuove norme che impedissero loro di intraprendere iniziative troppo rischiose, se avessero ottenuto in cambio la rimozione di qualsiasi limite alla quantità di prestiti che volessero effettuare. Basilea I si limitava a prendere atto della "storia" patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti quelli sull'innovazione e sulla ricerca. Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo di capitale che le banche devono possedere in rapporto al complesso delle attività ponderate in base al loro rischio creditizio. In altri termini è una frazione il cui numeratore è dato dall'ammontare di patrimonio di cui dispone una banca ed il denominatore dall'ammontare delle attività ponderate per classi di rischio • il Comitato di Basilea ha individuato i principali fattori di rischio operativo: frode interna frode esterna rapporto di impiego e sicurezza sul posto di lavoro pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l'attività - danni a beni materiali disfunzioni e avarie di natura tecnica conformità esecutiva e procedurale - esempi: errata immissione di dati, gestione inadeguata delle garanzie, documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito aconti di clienti, inadempimenti di controparti non clienti, controversie legali con fornitori. Rischio di Credito Il rating di Basilea II cambia notevolmente rispetto al passato ed è improntato a una notevole flessibilità, restando però vincolato ad un controllo incrociato di enti interni ed esterni all'istituto. Basilea II, infatti, introduce la possibilità, per gli istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie specializzate, Ecai (External Credit Assessment Institution), rating prodotti al proprio interno. Ciò significa che le banche potranno dotarsi di strumenti particolareggiati volti alla misurazione del rischio. Il fatto che le banche possano usare strumenti analitici propri implica, chiaramente, la necessità di assicurare principi di trasparenza ed omogeneità. Le banche dovranno riferirsi a modelli che trovano le loro radici in procedure automatizzate; così un sistema di rating risulta essere l'intero complesso di raccolta, selezione, organizzazione, e valutazione delle informazioni sui soggetti che compongono il portafoglio crediti della banca, le regole che ne presiedono il funzionamento, le classi di rischio e le probabilità di insolvenza che le contraddistinguono. Metodologia STANDARD (Standardized Approach) Non presenta sostanziali cambiamenti rispetto all'accordo di Basilea I, e prevede l'accantonamento medio dell' 8% delle attività ponderate per il rischio (inteso come valore degli impieghi ponderate sulla base delle caratteristiche della controparte affidata ovvero del finanziamento concesso). Inoltre, seguendo il principio dei requisiti patrimoniali proporzionali al rischio degli impieghi, propone che alle attività venga assegnato un fattore di ponderazione stimato da agenzie esterne (rating). Questo correttivo permette agli istituti di credito una certa sensibilità degli accantonamenti: ad un rating molto alto (AAA) corrisponderà un accantonamento più basso dell'8%, perché si ritiene che l'azienda che chiede un credito dia eccellenti garanzie di restituirlo nei tempi e modi previsiti. Di contro, ad un rating basso CCC corrisponderà un accantonamento maggiore. • Il rating è un metodo utilizzato per classificare sia i titoli obbligazionari che le imprese in base alla loro rischiosità. In questo caso, essi si definiscono rating di merito creditizio. Viene espresso attraverso un voto in lettere in base al quale il mercato stabilisce un premio per il rischio da richiedere all'azienda per accettare quel determinato investimento. Scendendo nel rating aumenta il premio per il rischio richiesto e quindi l'emittente deve pagare uno spread maggiore rispetto al tasso risk-free. I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie specializzate, principalmente Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Una prima tipologia di potenziale conflitto di interesse riguarda i soggetti che pubblicano i rating e nel contempo svolgono attività di banca di investimenti. Il rating potrebbe essere strumentalizzato nell'interesse della banca ovvero dei clienti per attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione di asset a prezzi di realizzo. • Standard & Poor's AAA Elevata capacità di ripagare il debito AA Alta capacità di pagare il debito A Solida capacità di ripagare il debito, che potrebbe essere influenzata da circostanze avverse BBB Adeguata capacità di rimborso, che però potrebbe peggiorare BB, B Debito prevalentemente speculativo CCC, CC Debito altamente speculativo D Società insolvente • Moody's Aaa Livello minimo di rischio Aa Debito di alta qualità A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro Baa Grado di protezione medio Ba Debito con un certo rischio speculativo B Debito con bassa probabilità di ripagamento Caa, Ca, C Società insolvente Un declassamento del rating di aziende o soggetti pubblici particolarmente indebitati, ha la conseguenza a breve termine di provocare un rialzo degli interessi applicati ai prestiti in corso, e quindi un aumento degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe cedere beni immobili e mobili di sua proprietà a prezzi di realizzo, per evitare un peggioramento del rating. Non raramente, la maggior fonte di finanziamento dei costosi studi che portano a valutare il rating, non sono le agenzie di stampa e la comunità finanziaria, ma le stesse società emittenti oggetto dell'indagine e singoli investitori con molta liquidità. In questi casi, è evidente un conflitto d'interessi. Infatti, per avere un rating, una società, una banca o uno Stato devono rivolgere una richiesta esplicita a una delle agenzie di rating. Il servizio è a pagamento. Ottenuto l'incarico, l'agenzia inizia l'analisi della società, della banca o dello Stato. L'analista incaricato attinge da informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci), studia i fondamentali economici e finanziari e incontra i manager per raccogliere tutte le informazioni necessarie. L'omissione o la ritardata diffusione non tempestiva avviene per favorire un cliente dell'agenzia di rating che può pagare per avere informazioni privilegiate oppure fornire una percentuale su guadagni ottenuti speculando a breve termine al ribasso, con la vendita del titolo a prezzi ancora remunerativi prima che la diffusione delle informazioni sulla reale situazione dell'emittente, induca il crollo del corso azionario. Esiste poi una seconda forma, più "strutturale", di conflitto d'interessi. La realizzazione di uno studio di settore o particolareggiato su un titolo, determina un costo fisso che deve essere remunerato. Chi paga gli studi di settore finanzia quest'attività e a sua volta desidera che le informazioni in suo possesso siano redditizie; propriamente non paga solo le informazioni, ma la disponibilità di queste informazioni che devono restare riservate, al limite disponibili a chi paga altrettanto per venirne a conoscenza. Per vedere il rating dei debiti dei paesi andare su http://www.standardandpoors.com/ratings/so vereigns/ratingslist/en/us/?sectorName=Governments&su bSectorCode=&filter=A Scoprirete che Spagna ed Irlanda hanno un debito meglio dell’Italia che lo ha uguale a quello Cinese… La metodologia standard analizza variabili qualitative e quantitative di tipo statico, come la categoria economico-giuridica dell'azienda da finanziare, o la dimensione aziendale. Questa metodologia costituisce una piramide relazionale, per cui esiste una sorta di mediazione nel rapporto tra bancaimpresa. Quindi è, a ben vedere, una fonte di deresponsabilizzazione per le banche. La precedente metodologia ha il difetto di creare instabilità nel sistema economico, e soprattutto è causa di scarsa cura nei rapporti bancaimpresa. l'accordo prevede che le banche possano calcolare, sulla base di strumenti analitici propri (previamente approvati dagli organi di vigilanza), la PD (probabilità di default). • La definizione di default deve avere valore comune a livello internazionale, dato che i finanziamenti si muovono su scala internazionale. La definizione data è la seguente: si ha default del prenditore al ricorrere di almeno una tra due condizioni: la prima di tipo soggettivo (la banca ritiene improbabile che il debitore adempia in pieno alle sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo (sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90 giorni). È l'approccio più avanzato, sofisticato e, per conseguenza, costoso. Calcola infatti altri due fattori distinti: LGD (loss given default) e EaD (exposure at default). L'LGD (letteralmente, la perdita manifestata in caso di insolvenza) risponde alla domanda: "Se il cliente a cui presto dei soldi sarà inadempiente, quale percentuale del prestito andrà persa, al netto dei recuperi?". L'EaD (letteralmente, l'esposizione presente al manifestarsi dell'insolvenza) implica la domanda: "E quale sarà l'importo effettivamente prestato al momento dell'insolvenza? Cioè a che punto della storia del prestito il mio debitore avrà seri problemi con i pagamenti? Quanto mi avrà restituito nel mentre?" Il grande pregio di Basilea II è il realismo delle analisi del rapporto rischio/redditività e la necessità di aggiornarle di continuo, seguendo dunque le aziende e il mercato molto più da vicino. Questo favorisce gli investimenti in innovazione e ricerca, che sono più rischiosi, ma possono generare maggiore reddito nel futuro e maggior crescita economica Basilea II, inoltre, darà alle banche una maggior discrezionalità nelle decisioni imprenditoriali di quelle imprese che chiedano un credito: in questo senso la banca diventa una sorta di Consulenza-controllore di qualità dell'impresa. Il contro è che i rating e le metodologie previsti hanno costi molto più elevati. Alcuni imprenditori, inoltre, lamentano la prospettiva dell'ingerenza degli istituti nelle decisione strategiche delle aziende, come una mancanza di autonomia. Più accurate sono le analisi e le informazioni che una banca può ottenere rispetto ad un'impresa, meno la banca rischia che l'impresa non restituisca i soldi che le sono stati prestati. Meno la banca rischia, meno ha necessità di accantonare denaro (il cosiddetto requisito minimo) per tutelarsi. Meno denaro accantona, meno lo deve ricaricare sui clienti, risultando, quindi, più competitiva di una che non abbia effettuato analisi così specifiche. Ne consegue che i grandi istituti, in grado di supportare i costi di queste analisi particolarmente complesse, potranno detenere requisiti patrimoniali minimi minori rispetto a quelli necessari per gli istituti più piccoli. Basilea II introduce, di fatto, una discriminante forte tra istituti di credito. Nell'ottica di Basilea II cambiano i ruoli per le piccole e medie banche. Infatti queste ultime potrebbero operare sul mercato dei crediti differenziandosi dalle grandi banche mediante una focalizzazione maggiore nella concessione di crediti alle piccole e medie imprese (PMI). Basilea II è stata sottoposta da più parti a critiche per l'atteggiamento indotto nei confronti delle PMI. Una PMI, infatti, ha minori possibilità di generare reddito o di generarne di ingente. E' ciclica Il rating diventa un valore assoluto (che fare di fronte a un caso Parmalat)??? Un rapporto di maggior controllo fattuale da parte della banca, inoltre, renderebbe anche assai più oneroso, difficile e rischioso per l'impresa avere scarsa cura del proprio assetto patrimoniale e perpetrare falsi in bilancio. Le banche, infatti, rischiando di concedere denaro che non verrà loro restituito e avendo gli strumenti adatti, effettuano analisi estremamente minuziose alla ricerca di falle e discrepanze nelle dichiarazioni patrimoniali. Un'impresa che maneggi o annacqui i bilanci si vedrebbe assegnare un rating molto più basso e pagherebbe molto di più il denaro che le verrebbe concesso, sempre che la banca si decida a concederlo. Il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea ha calibrato nel corso del 2010 nuove regole per la gestione delle attività a rischio del sistema bancario, note come "Basilea III"; queste nuove regole dovranno integrare o sostituire sia la versione del 1988 (Basilea I) sia la versione Basilea II entrata in vigore nel 2008. Le regole di Basilea III si articoleranno su tre punti: la garanzia di liquidità a breve, la trasformazione delle scadenze e i requisiti di capitale. L'adozione di Basilea III è controversa. Alcuni critici sostengono che questo sistema di regole porterebbe all'abbassamento del core Tier 1 di importanti istituti bancari e, se implementato in un frangente di profonda crisi economica e finanziaria, aumenterebbe il rischio di credit crunch Ritornando alla nostra obbligazione: Il MPS potrebbe aver bisogno di capitali e vendendo i mutui ai clienti abbassa il livello di capitale richiesto. Ma potrebbe invece trasferire il rischio dell’obbligazione ai clienti. Com’e’ fatto un mutuo? Il mutuo sostanzialmente fa capire come opera e guadagna una banca. Ossia prende i soldi a breve (si rifornisce di denaro con un tasso denominato Euribor) e li presta a lungo termine (in genere con uno spread intorno all’1, 1,25 %) Se il tasso Euribor sale, la rata del mutuo sale. Se il tasso euribor scende, la rata del mutuo scende (o almeno dovrebbe..) Tutti i mutui nascono a tasso variabile. Se uno vuole tutelarsi dall’aumento dei tassi, fa un mutuo a tasso fisso. Ossia prende il mutuo e fa uno SWAP (ossia un Ente finanziario si assume il rischio (al posto del cliente) della variazione dei tassi Euribor). Ovviamente lo SWAP costa (ed è per questo che i mutui a tasso fisso costano di più di quelli variabili) Lo SWAP è un titolo derivato (quelli definiti “tossici” attualmente) e sostanzialmente dovrebbe servire a trasferire il rischio da chi non lo sa gestire a chi (almeno teoricamente) dovrebbe saperlo gestire meglio. Ovviamente il cliente deve pagare questa tutela (Ohimè… è capitato in molti casi recenti che le banche hanno trasferito il rischio da loro ai clienti FACENDOSI PURE PAGARE..) Un mutuo a tasso variabile dovrebbe essere un prodotto low cost, un mutuo a tasso fisso, o un mutuo che permette di scegliere fra le due opzioni (fisso e variabile) è un mutuo strutturato e costa sicuramente di più (esattamente come per le macchine. Se una macchina non ha l’airbag dovrebbe costare di meno di una che ce l’ha) Cosa fa una banca per tutelarsi dal rischio che il cliente non paghi le rate e lei si ritrova con una casa sul groppone? Copre con il mutuo l’80% del valore della casa (quindi questa erogazione di denaro e’ garantita – più o meno- dalla casa). Cosa succede se il cliente non ha il 20% rimanente? - O rinuncia a comprare casa (scelta saggia) - O fa un altro mutuo (a tassi più alti) che non è garantito dalla casa (mutui subprime) e che copre il 20% rimanente. Il cliente (se i prezzi delle case salgono) può rinegoziare il mutuo..(l’80% del valore della casa è salito..) I mutui subprime sono più rischiosi e naturalmente devono essere erogati a tassi piu’ alti (spannometricamente Tasso Euribor + 1% (commissione banca) + tasso previsto di default (3-4%) ). Inoltre (Basilea 1) le Banche devono accantonare un capitale di garanzia (per ogni evenienza) Il cliente compra il diritto di avere gli interessi sul capitale garantito dalla casa (l’80% del valore della casa). In caso di mutuo prepagato, questa tipologia di cliente ci perde seccamente (e questo motiva il perche’ della penale che esiste (esisteva) sull’estinzione anticipata del mutuo (per risarcire questi clienti) Il cliente compra il diritto di avere il capitale NON garantito dalla casa (il rimanente 20% del valore della casa). In caso di mutuo prepagato, questa tipologia di cliente ci guadagna. Il cliente compra il diritto di avere gli interessi sul capitale NON garantito dalla casa In caso di mutuo prepagato, questa tipologia di cliente ci perde seccamente e come nel caso precedente, in caso di turbolenze, queste obbligazioni sono meno garantite di quelle precedenti La Banca guadagna , in commissioni, due volte (stipulando il mutuo e vendendo il prodotto al cliente) e inoltre il rischio, che avrebbe dovuto essere gestito dalla banca, viene trasferito all’inconsapevole cliente. Siccome la banca guadagna due volte e senza rischio…tende a stipulare i mutui anche quando mancano le necessarie garanzie….(tanto paga il cliente…..). Quindi potrebbe essere che la banca abbia fatto mutui NINJA (No income, no job or assets) e li stia scaricando sui clienti..ohibo’… E il callable? Considerate che dopo 10 anni un mutuo e’ sicuro. Infatti prendete un mutuo trentennale sull’80% del valore della casa e considerate una inflazione del 2% Se il prezzo della casa seguisse l’inflazione il valore della casa sarebbe circa 125, mentre dopo 10 anni il mutuo ha rimborsato almeno il 20% del valore della casa. Quindi anche se non fossero pagate piu’ le rate la banca non ci perderebbe.. Se conviene alla banca (se quota piu’ di cento) sara’ esercitato il diritto di call alla pari, altrimenti l’obbligazione sara’ lasciata sul groppone del correntista