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Come navigare fra i flutti della crisi (e della
ripresa), ossia come utilizzare la Matematica
per ottimizzare i propri investimenti finanziari
Vincenzo Vespri
Dipartimento di Matematica “Ulisse Dini”
Università di Firenze
[email protected]
Tel: 055 4237149
homepage: http://web.math.unifi.it/users/vespri/
Debito in Eurolandia
Dati Eurostat 15/11/2010
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_
PUBLIC/2-15112010-AP/EN/2-15112010AP-EN.PDF
2006 2007
2008
2009
Euro area (EA16)
GDP market prices (mp)
(million euro)
8 561 831
9 019 608
9 248 228
8 957 736
Government deficit (-) / surplus (+)
(million euro)
-116 763
-58 519
-186 010
-563 419
(% of GDP)
-1.4
-0.6
-2.0
Government expenditure (% of GDP)
-6.3
46.7
46.0
46.9
50.8
Government revenue
(% of GDP)
45.3
45.3
44.9
44.5
Government debt
(% of GDP)
68.5
(million euro)
66.2
69.8
79.2
Belgium
Government deficit (-) / surplus (+)
(million euro)
573 -1 105
-4 622
-20 351
(% of GDP) 0.2
-0.3 -1.3 -6.0
Government expenditure (% of GDP)
48.6 48.4 50.2 54.2
Government revenue
(% of GDP)
48.8 48.1 48.8 48.1
Government debt (million euro)
(% of GDP) 88.1 84.2 89.6 96.2
Bulgaria
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of
GDP)
1.9 1.1 1.7 -4.7
Government expenditure
(% of GDP)
34.4 39.7 37.6 40.6
Government revenue (% of GDP)
36.2 40.8 39.3 35.9
Government debt
(% of GDP)21.6 17.2 13.7 14.7
Germany
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of GDP) -1.6 0.3
0.1
-3.0
Government expenditure (% of GDP) 45.3 43.6
47.5
Government revenue
(% of GDP) 43.7 43.8
44.5
Government debt (million euro)
1 571 636
1 578 687
1 643 805
1 760 530
(% of GDP) 67.6 64.9 66.3 73.4
43.8
43.9
Ireland
GDP mp
177 343
189 374
179 989
159 645
Government deficit (-) / surplus (+)
(million euro)
5 198 47
-13 149
-22 958
(% of GDP)
2.9
0.0
-7.3
-14.4
Government expenditure
(% of GDP)
34.4
36.8
42.7
48.9
Government revenue (% of GDP)
37.4
36.8
35.4
34.5
Government debt
(million euro)
44 003 47 349 79 815 104 592
(% of GDP)
24.8
25.0
44.3
65.5
Greece
GDP mp
(million euro)
211 314227 134
236 936
235 035
Government deficit (-) / surplus (+)
(million euro)
-12 109
-14 465 -22 363
-36 150
(% of GDP)
-5.7
-6.4
-9.4
-15.4
Government expenditure
(% of GDP)
44.8
46.4
48.9
53.1
Government revenue (% of GDP)
39.3
39.8
Government debt
(million euro)
224 204
238 581
261 396
(% of GDP)
106.1 105.0 110.3 126.8
39.6
298 032
37.8
Spain
GDP mp
(million euro)
984 284
1 053 537
1 088 124
1 053 914
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of GDP) 2.0
1.9
-4.2 -11.1
Government expenditure (% of GDP)
38.4 39.2 41.3 45.8
Government revenue
(% of GDP)
40.4 41.1 37.1 34.7
Government debt (million euro)
389 507
380 660
432 978
560 587
(% of GDP) 39.6 36.1 39.8 53.2
France
GDP mp
Government deficit (-) / surplus (+)
-41 066 -51 433
-64 677
-143 834
(% of GDP) -2.3 -2.7 -3.3 -7.5
Government expenditure (% of GDP)
52.7 52.3 52.8 56.0
Government revenue
(% of GDP)
50.4 49.6 49.5 48.4
Government debt (million euro)
1 149 937
1 208 950
1 315 147
1 489 025
(% of GDP) 63.7 63.8 67.5 78.1
Italy
GDP mp
(million euro)
1 485 377
1 546 177
1 567 851
1 520 870
Government deficit (-) / surplus (+)
(million euro)
-49 921 -23 517 -42 694
-80 863
(% of GDP)
-3.4
-1.5
-2.7
-5.3
Government expenditure
(% of GDP)
48.7
47.9
48.8
51.9
Government revenue (% of GDP)
45.4
46.4
46.2
46.6
Government debt
(million euro)
1 584 093
1 602 069
1 666 461
1 763 559
(% of GDP)
106.6 103.6 106.3 116.0
Hungary
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of GDP)-9.3 -5.0 -3.7 -4.4
Government expenditure
(% of GDP)
52.0 50.0 48.8 50.5
Government revenue (% of GDP)
42.6 45.0 45.1 46.1
Government debt
(% of GDP)65.7 66.1 72.3 78.4
Portugal
GDP mp
(million euro)
160 273 168 737
172 103
168 076
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of GDP) -4.1 -2.8 -2.9 -9.3
Government expenditure (% of GDP)
44.5 43.8 43.6 48.2
Government revenue
(% of GDP)
40.5 40.9 40.6 38.8
Government debt (million euro)
102 440
105 857
112 353
127 908
(% of GDP) 63.9 62.7 65.3 76.1
Finland
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of
GDP)
4.0 5.2 4.2 -2.5
Government expenditure
(% of GDP)
49.0 47.2 49.3 56.0
Government revenue (% of GDP)
52.9
52.4 53.5 53.3
Government debt
(million euro)
(% of GDP)39.7 35.2 34.1 43.8
United Kingdom
Government deficit (-) / surplus (+)
(% of GDP) -2.7 -2.7 -5.0 -11.4
Government expenditure (% of GDP)
44.2 44.0 47.4 51.6
Government revenue
(% of GDP)
41.5 41.3 42.5 40.4
Government debt (million GBP)
577 123
624 700
753 630
949 673
(% of GDP) 43.4 44.5 52.1 68.2
Su channel 4 un programma si intitola:
"Britain's Trillion Pound Horror Story"
http://www.channel4.com/programmes/britai
ns-trillion-pound-horror-story
Debito estero:
Totale
Procapite
Percentuale
Stati Uniti
$13,773,000 $42,343
Regno Unito $12,670,000 $174,167
Germania
$4,489,000 $54,604
Francia
$4,396,000 $68,183
95%
374.96%
159.92%
211.86%
Negli Stati Uniti circa la metà del debito pubblico
estero è detenuta da investitori cinesi
Olanda$2,277,000 $136,795 352.75%
Irlanda$1,841,000 $448,032 960.86%
Giappone$1,492,000 $4,528 34.93%
Svizzera$1,340,000 $174,526 441.95%
Belgio$1,313,000 $126,202 348.74%
Spagna$ 2,478,000 $49,619 150.65%
Italia$1,060,000 $18,235 58.21 %
In Italia il debito estero è circa il 60% del debito
pubblico totale.
Truffe finanziarie
Applicare sempre l’idea che i soldi nessuno
li regala
Lo schema di Ponzi è un modello
economico di vendita truffaldino che
promette forti guadagni alle vittime a patto
che queste reclutino nuovi "investitori", a
loro volta vittime della truffa.
Lo schema di Ponzi permette a chi comincia
la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti
ritorni economici a breve termine, ma
richiede continuamente nuove vittime
disposte a pagare le quote. I guadagni
derivano infatti esclusivamente dalle quote
pagate dai nuovi investitori e non da
attività produttive o finanziarie.
• Il sistema è naturalmente destinato a terminare
con perdite per la maggior parte dei partecipanti,
perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera
rendita né interesse, essendo semplicemente
incamerati dai primi coinvolti nello schema che li
useranno inizialmente per rispettare le
promesse. La diffusione della truffa spesso
diventa di tale portata da renderla palese,
portando alla sua interruzione da parte delle
autorità.
Le caratteristiche tipiche sono:
• Promessa di alti guadagni a breve termine
• Ottenimento dei guadagni da escamotage
finanziari o da investimenti di "alta finanza"
documentati in modo poco chiaro
• Offerta rivolta ad un pubblico non
competente in materia finanziaria
• Investimento legato ad un solo promotore
o azienda
Risulta evidente che il rischio di
investimento in operazioni che sfruttano
questa pratica è molto elevato. Il rischio è
crescente al crescere del numero degli
iscritti, essendo sempre più difficile trovare
nuovi adepti.
• In Italia, Stati Uniti e in molti altri Paesi,
questa pratica è un reato, essendo a tutti
gli effetti una truffa.
La tecnica prende il nome da Charles Ponzi,
un immigrato italiano in USA che divenne noto per
avere applicato una simile truffa su larga scala
nei confronti della comunità di immigrati prima e
poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo ad
usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo
da legarvi il suo nome coinvolgendo 40.000
persone e raccogliendo oltre 15 milioni di dollari.
Nel 1918 prometteva un tasso di rendimento
sugli investimenti del 50% in 90 giorni . La truffa
venne scoperta nel 1920.
Lo schema di Ponzi è tornato alla ribalta
internazionale il 12 dicembre 2008, a causa
dell'arresto di Bernard Madoff, ex presidente del
NASDAQ ed uomo molto famoso nell'ambiente
di Wall Street. L'accusa nei sui confronti è di
aver creato una truffa da 50 miliardi di dollari
(una delle maggiori della storia degli Stati Uniti)
proprio sul modello dello schema di Ponzi,
attirando nella sua rete molti fra i maggiori istituti
finanziari mondiali .
Lo schema di Ponzi (e di Madoff) si basa su una
falsa informazione. Si fa girare l’informazione
che ci sia la possibilità di avere rendimenti
mirabolanti e si aspetta che abbocchino i
“clienti” gonzi attratti dalla possibilità di avere
rendimenti nettamente superiori al mercato (nel
caso di Madoff tra i gonzi si annoverano i vertici
dell’UBS, i vertici d Unicredit etc..che pero’
hanno pagato la loro gonzaggine con i soldi
degli azionisti e non con i propri…
BOLLE SPECULATIVE
Si definisce bolla speculativa una particolare fase di un
qualsiasi mercato caratterizzata da un aumento
considerevole e ingiustificato dei prezzi, dovuto ad una
crescita della domanda repentina e limitata nel tempo.
Generalmente si parla di bolla speculativa con
riferimento a mercati finanziari, nei quali vengono trattate
azioni, obbligazioni e titoli derivati. Ma la storia delle
bolle insegna che sono stati frequenti i casi di bolle
speculative che hanno riguardato beni materiali, come gli
immobili.
Generalmente si parla di bolla speculativa
con riferimento a mercati finanziari, nei
quali vengono trattate azioni, obbligazioni
e titoli derivati. Ma la storia delle bolle
insegna che sono stati frequenti i casi di
bolle speculative che hanno riguardato
beni materiali, come gli immobili.
L'eccesso di domanda che spinge verso l'alto in
poco tempo il valore di un bene, di un servizio,
di una impresa o più semplicemente di un titolo
che rappresenta un qualche diritto sugli stessi, si
può ricondurre all'irrazionale euforia di soggetti
economici convinti che una nuova industria, un
nuovo prodotto, una nuova tecnologia potranno
offrire cospicui guadagni e registrare una
crescita senza precedenti. Scatta pertanto la
corsa all'acquisto del diritto, nella speranza di
rivendere lo stesso ad un prezzo superiore.
La corsa all'acquisto provoca un aumento
del prezzo che conferma, agli occhi di
molti, la bontà della precedente previsione
di un futuro aumento del prezzo del diritto.
Questo stimola ulteriormente gli acquisti e
quindi fa aumentare ancora una volta il
prezzo.
La profezia in altri termini si avvera,
inducendo nuovi soggetti economici ad
acquistare i medesimi titoli. Tra questi,
man mano che i valori crescono, si
annoverano sempre più soggetti
solitamente restii ad acquistare strumenti
finanziari dal rischio elevato.
L'eccesso di acquisto di un diritto ad un
certo punto si arresta. Le cause possono
essere almeno tre: è difficile trovare nuovi
investitori disposti ad acquistare ulteriori
diritti ad un prezzo che nel frattempo è
diventato elevato; chi ha comperato diritti
in precedenza è spinto a vendere i titoli
per monetizzare il guadagno;
le ottimistiche prospettive di guadagno
precedentemente formulate possono
essere riviste e ridimensionate.
Alla fase di crescita dei valori segue dunque
una fase opposta, durante la quale si
assiste ad un calo considerevole delle
quotazioni.
la Bolla dei tulipani (in inglese anche
tulipomania) è stata probabilmente la
prima bolla speculativa documentata nella
storia del capitalismo. Nella prima meta'
del XVII secolo, nei Paesi Bassi la
domanda di bulbi di tulipano raggiunse un
picco così alto che ogni singolo bulbo di
tulipano raggiunse prezzi enormi.
Nel 1623, un singolo bulbo di un famosa razza di
tulipano poteva costare anche un migliaio di
fiorini olandesi (il reddito medio annuo dell'epoca
era di 150 fiorini). I tulipani erano scambiati
anche con terreni, animali vivi, e case.
Presumibilmente, un buon speculatore poteva
anche guadagnare seimila fiorini al giorno.
Nel 1635, fu registrata una vendita per 100,000
fiorini. Per comparazione, una tonnellata di burro
costava circa 100 fiorini e "otto maiali grassi"
costavano 240 fiorini.
Nel febbraio del 1637 i commercianti di
tulipani non poterono più ottenere prezzi
gonfiati per i loro bulbi, e cominciarono a
vendere. La bolla scoppiò. Si incominciò a
pensare che la domanda di tulipani non
avrebbe potuto più mantenersi a quei
livelli, e questa opinione si diffuse man
mano che aumentava il panico.
Alcuni detenevano contratti per comprare
tulipani a prezzi dieci volte maggiori di
quelli di mercato (ormai crollato), mentre
altri possedevano bulbi che valevano un
decimo di quanto li avevano pagati.
Centinaia di olandesi, inclusi uomini di
affari e dignitari, erano finanziariamente
rovinati.
Per bolla della South Sea Company o South
Sea Bubble, si intende la bolla speculativa che
si è creata, attorno al 1720, in Inghilterra sulle
azioni della South Sea Company.
La South Sea Company viene fondata nel 1711
con il fine di rilevare il debito pubblico inglese,
che ammonta a 10 milioni di sterline. La società
si accolla il debito pubblico inglese e in cambio
riceve un interesse annuo pagato dallo stato e il
monopolio dei commerci con le colonie spagnole
nel Sud America.
Per finanziare l'operazione la società
emette, in diverse tranches, proprie azioni.
Ogni emissione avviene a prezzi crescenti.
L'euforia verso questo e altri collocamenti
azionari avvenuti nello stesso periodo
spinge verso l'alto il valore delle azioni,
arricchendo gli amministratori della società
e diversi uomini politici, possessori di
azioni e di diritti sulle azioni della società.
Come ogni bolla speculativa, nel momento in cui la
domanda di titoli cessa di essere forte e, in
questo caso, cessa di essere stimolata in tutti i
modi dai dirigenti dell'impresa interessati a
speculare sul prezzo delle azioni, quando
scoppia le vittime sono tante. Tra queste anche il
celebre scienziato Newton.
Lo scoppio della bolla ha effetti dirompenti
sull'economia e nel mondo della politica inglese.
Dopo i tumulti viene varata una legge, il Bubble
Act, che per circa un secolo, fino al 1826 vieta la
libera costituzione di società per azioni.
La bolla immobiliare è un tipo di bolla economica che si
presenta periodicamente nei mercati immobiliari locali, o
anche globalmente. È caratterizzata da un rapido
aumento dei prezzi immobiliari che si portano a livelli
insostenibili in rapporto ai redditi medi o ad altri
parametri economici. Le bolle immobiliari sono
generalmente seguite da consistenti diminuzioni dei
prezzi immobiliari, anche con punte del 60% dei valori
reali (come avvenne per esempio a Roma negli anni 90)
che possono portare molti proprietari al negative-equity
(debito ipotecario superiore al valore corrente della
proprietà).
Per l'Italia non si può parlare di bolla
immobiliare generalizzata quanto piuttosto
di una situazione a macchia di leopardo
che ha riguardato specialmente i grandi
centri, in particolare Roma, dove gli
incrementi dei prezzi in un decennio sono
stati superiori al 200% in media, con punte
più alte nelle zone centrali
Resta anche da valutare per l'Italia i problemi
seguiti all'introduzione dell'Euro sulla dinamica
dei prezzi e il basso livello di retribuzione da
lavoro dipendente, caratteristico del nostro
paese, che è certamente penalizzante in un
mercato aperto ad acquirenti esteri, per quanto
non esistano al momento esempi storici in cui un
elevato disallineamento tra redditi e prezzi
immobiliari si sia protratto per più di qualche
anno.
Altre bolle:
Ferrovie Inglesi del 700
Titoli Tecnologici (Tiscali e’ arrivata a valere 1500
Euro, adesso vale a mala pena 6)
Ogni societa’ e ogni epoca e’ attraversata (almeno
una volta) dall’idea di un arricchimento rapido e
senza fatica…e ogni volta la societa’ piange
sulle macerie che seguono la fine della bolla
speculativa.
Domanda Filosofica: qual’e’ la differenza fra
la truffa e la bolla speculativa?
Vediamo altri esempi di “truffa”.
“Esempio”:
A mia madre (83-enne) il Monte dei Paschi di
Siena ha offerto la seguente obbligazione a
tasso variabile. Durata 30 anni.
Tasso variabile:
Primo anno e mezzo al 3.5 lordo, poi Euribor 6
mesi + 1.05 di spread
Dopo 10 anni callable dalla banca alla pari
Obbligazione garantita da mutui ed affitti
E’ conveniente?
Prima di tutto cerchiamo di capire:
Euribor 6 mesi:
16-11-2010 1,275%
Tassi degli ultimi anni:
04-01-2010 0,996%
02-01-2009 2,945%
02-01-2008 4,703%
02-01-2007 3,857%
02-01-2006 2,643%
03-01-2005 2,209%
02-01-2004 2,151%
02-01-2003 2,794%
02-01-2002 3,228%
02-01-2001 4,788%
Euribor è l'acronimo della dicitura inglese
Euro Interbank Offered Rate. L'Euribor
rappresenta il tasso medio d'interesse con
cui 57 tra i principali istituti bancari europei
(le cosiddette "banche di riferimento")
effettuano le operazioni interbancarie di
scambio di denaro nell'area Euro.
Ai fini della determinazione dei tassi Euribor
non vengono compresi i valori ricompresi
entro la fascia minima e massima del 15%
degli indici emessi. Tutti i giorni feriali, alle
ore 11.00 i tassi di interesse Euribor
vengono fissati e comunicati a tutte le parti
interessate e agli addetti stampa.
Quando si parla di Euribor, si sente spesso
dire "il tasso Euribor", come se esistesse
soltanto un unico valore Euribor di
riferimento. Ciò non corrisponde tuttavia al
vero: esistono infatti ben 15 tassi di
interesse Euribor, ognuno dotato di una
durata diversa. Possiamo infatti
distinguere fra Euribor a 1, 2 o 3 settimane
e tra Euribor a 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10,
11 e 12 mesi.
Il tasso Euribor esiste sin dal 1999, l'anno in
cui l'Euro è stato introdotto come moneta
sui mercati finanziari. Anche prima
dell'avvento dell'Euribor veniva
quotidianamente pubblicato un indice di
riferimento (in Italia con il nome di "Ribor").
Ciascun paese aveva inoltre un proprio
tasso di riferimento nazionale, come ad
esempio il "Pibor" in Francia, il "Fibor" in
Germania o lo "Aibor" nei Paesi Bassi.
I valori dei tassi d'interesse Euribor vengono
ovviamente determinati in primo luogo dai
meccanismi di domanda e di offerta. Si tratta
infatti di un tasso di mercato che viene fissato
sulla base delle quotazioni provenienti da un
gruppo formato da diversi istituti bancari. Vi è
tuttavia una serie di fattori esterni in grado di
influire sensibilmente sui valori dei tassi di
interesse Euribor: basti pensare, per esempio, a
parametri economici quali la crescita
dell'economia o l'entità dei tassi d'inflazione.
Quindi , considerando la crisi attuale ci si aspetta
tassi molto bassi per i prossimi anni.
E i tassi fissi?
10/11/2011
il BTp a 15 anni (1/3/2026), offerto in seconda
tranche, é stato assegnato al tasso lordo
annuo del 4,81% mentre per il BTp trentennale
(1/8/2034), é stato aggiudicato al 5,12 per
cento.
Quindi convenienza ma in futuro, molto futuro..
Perche’ la banca MPS ha emesso questa
obbligazione?
Due ipotesi:
1) Per trasferire il rischio
2) Per ottemperare alle richieste di Basilea
2e3
RISCHIO
Quello del rischio è un concetto connesso con le
aspettative umane e le capacita' umane di
predizione/intervento in situazioni non note od
incerte. Indica un potenziale effetto negativo su un
bene che può derivare da determinati processi in
corso o da determinati eventi futuri. Nel linguaggio
comune, rischio è spesso usato come sinonimo di
probabilità di una perdita o di un pericolo/minaccia.
• Rischio per l'impresa.
 Rischio economico quando incide sui risultati
reddituali; legato all'equilibrio tra costi e ricavi;
 Rischio finanziario quando incide sulla
liquidità aziendale; legato all'equilibrio tra flussi
monetari in entrata e in uscita;
 Rischio patrimoniale quando incide
direttamente sulle attività e sul patrimonio
dell'impresa.
Nella gestione progetti (es. in edilizia,
infrastrutture, sistemi informativi, impianti,
eventi, sviluppo nuovi prodotti, ecc.) il rischio è
un aspetto inevitabile. Il rischio viene quindi
analizzato, classificato, indirizzato e monitorato
secondo diverse metodologie e strumenti (es.
esempio analisi cause-effetti).
I costi totali di progetto sono quindi formati dai
costi base di progetto, dai costi di esecuzione del
piano d'azione del rischio e dalla riserva residua.
Rischio di controparte: rischio legato
all'inadempienza contrattuale della
controparte, è quindi il rischio che la
controparte dell'operazione non adempia
nei modi e tempi previsti dal contratto.
Rientra nella categoria dei rischi puri.
Rischio di credito (o Rischio di insolvenza):
rischio che nell'ambito di un'operazione
creditizia il debitore non assolva anche solo in
parte ai suoi obblighi di rimborso del capitale e
di pagamento degli interessi. Ad esempio: la
società emittente di un prestito obbligazionario
rimborsa solo il 20% del prestito
• Rischio di liquidità: nell'ambito di
un'operazione creditizia è il rischio che il
debitore non adempia ai suoi obblighi monetari
nei tempi previsti.
• Rischio Paese: è il rischio, legato alle
operazioni internazionali, che il debitore estero
non adempia per cause dipendenti dalle variabili
macroeconomiche del Paese in cui opera.
• Rischio di regolamento: rischio che
nell'ambito di una transazione di strumenti
finanziari la controparte non adempia.
• Rischio di mercato: rischio legato
all'andamento non prevedibile delle
variabili macroeconomiche. Rientra nella
categoria dei rischi speculativi.
Rischio inflazionistico: rischio che variazioni
nel livello generale dei prezzi portino ad una
perdita del
potere d'acquisto della moneta
detenuta e una perdita di valore dei crediti.
Rischio di cambio: rischio che variazioni dei tassi
di cambio portino ad una perdita del potere
d'acquisto della moneta detenuta e una perdita di
valore dei crediti.
Rischio di interesse: rischio legato alle variazioni
dei tassi di interesse.
Rischio di prezzo delle azioni e delle
commodity: rischio di variazioni del valore di
mercato della azioni e delle commodity in
portafoglio.
Rischio Operativo
Rischio operativo: è il rischio di subire perdite
derivanti dall'inadeguatezza o dalla
disfunzione di procedure, risorse umane e
sistemi, oppure da eventi esogeni. Tale
definizione ricomprende anche il rischio
legale.
In una gestione del rischio ideale sono trattati per
prima cosa i rischi correlati ad una grande
perdita ed una grande probabilità di accadere,
invece i rischi con bassa probabilità di
occorrenza e basse perdite sono trattati con
ritardo. In pratica il processo può essere
estremamente complesso, infatti rischi con alta
probabilità di occorrenza, ma con bassa perdita,
e rischi con alta perdita, ma bassa probabilità di
occorrenza, possono essere mal governati.
Basilea I è la denominazione con cui ci
si riferisce ad una serie di delibere
delle banche centrali di tutto il mondo
e nel 1988, il Comitato di Basilea
(BCBS) pubblicò nell'omonima città
svizzera una serie di requisiti
patrimoniali minimi per gli istituti di
credito.
Questo è noto anche come l'accordo di Basilea
'88 e fu promulgato dal G10 nel 1992,
sebbene le banche giapponesi abbiano
richiesto un prolungamento del periodo di
transizione. Basilea I è ora notoriamente
sorpassato e sono ora operative in fase di
implementazione in molti paesi le linee
guida note sotto il nome complessivo di
Basilea II.
Basilea II, forma breve con cui ci si riferisce al
Nuovo Accordo sul Capitale di Basilea, che ha
rimpiazzato il precendente accordo noto come
Basilea I. Tale accordo, maturato nell'ambito del
Comitato di Basilea per la Supervisione
Bancaria, ha portato alla stesura di un
documento condiviso, nel quale si introduce il
concetto di requisito patrimoniale "risk based".
Si sancisce che i requisiti patrimoniali delle
banche devono essere commisurati all'effettivo
ammontare di rischio assunto dalle stesse.
I requisiti patrimoniali minimi che le banche
sono tenute a rispettare costituiscono il
Primo pilastro dell'accordo di Basilea. I
rischi fondamentali per cui è necessario
determinare il requisito patrimoniale sono
di tre tipi: rischio di credito, rischio di
mercato e rischio operativo. Il "Nuovo
Accordo" introduce nuove e più sofisticate
metodologie di valutazione dei rischi.
Si usa parlare di tre pilastri. Il primo, quello
che sancisce l'obbligo di detenere requisiti
minimi a fronte dei rischi di mercato,
credito e operativo, è stato già menzionato.
Il Secondo Pilastro invece introduce la
necessità della revisione prudenziale del
requisito patrimoniale.
Tale obbligo coinvolge sia gli istituti di vigilanza
prudenziale (per l'Italia ne è in carico la Banca
di Italia), che devono sorvegliare sul rispetto
degli obblighi patrimoniali, sia le stesse banche
vigilate, che devono periodicamente
autovalutare la propria esposizione complessiva
ai rischi, anche a quelli non compresi nel primo
pilastro, a fronte dei quali devono rispondere
con l'accantonamento di un ammontare adeguato
di capitale.
Le banche sono tenute a far fronte con la
patrimonializzazione: non solo i rischi "di primo
pilastro", ma anche quelli "di secondo pilastro",
come il rischio di tasso di interesse, il rischio di
liquidità e il rischio di concentrazione geosettoriale.
Il Terzo Pilastro infine sancisce l'obbligo
dell'informativa al pubblico per i soggetti
sottoposti a vigilanza prudenziale (le banche in
primis).
Numerosi istituti di credito hanno sofferto
degli effetti di una gestione poco prudente
del credito: questo ha reso evidente che
esistevano alcune pesanti tare all'interno
del quadro normativo grazie a cui le
banche valutavano i rischi delle aziende
cui accettavano di aprire un credito.
Era, in altri termini, diventato obsoleto il
modo di valutare se l'impresa che chiedeva
un credito sarebbe stata in grado di
ripagarlo, entro quanto e quanto reddito
avrebbe generato. L'accordo esistente
sull'argomento, il Basilea I risultò
incentrato su una visione semplificata
dell'attività bancaria e della rischiosità
delle aziende.
Nei primi del Novecento, il Glass-Steagall Act
aveva introdotto una distinzione giuridica fra
banche commerciali e banche d'investimento,
attività che non potevano essere svolte dallo
stesso soggetto giuridico per il conflitto di
interessi esistente fra le due. Il Glass-Steagall
Act proibiva alle banche commerciali, o a
società da esse controllate, di sottoscrivere,
detenere, vendere o comprare titoli emessi da
imprese private.
Questa rigida separazione venne decisa dopo che un
comitato d'inchiesta (noto come Pecora Committee),
promosso dal Senato americano in seguito ai
numerosi fallimenti conseguenza della crisi del '29,
verificò che alcune banche avevano collocato presso i
propri clienti titoli emessi da imprese loro affidate, e
che queste avevano successivamente utilizzato i fondi
così raccolti per rimborsare i prestiti precedentemente
concessi dalla banca. In sostanza, le banche avrebbero
trasformato potenziali sofferenze in emissioni
collocate presso i propri clienti.
Negli Stati Uniti, nel 1998 (Clinton) fu
approvata una legge che abrogava la
separazione fra banca commerciale e
banca d'investimenti. Seguì una
concentrazione nel settore che portò a un
oligopolio di grandi istituti come
Citigroup, o l'AIG o la Bank of America.
Su pressione dell'Unione Europea, il 28
aprile 2004 le cinque maggiori banche del
settore si riunirono - con l'ausilio
dell'allora capo della Goldman-Sachs e
futuro Segretario del Tesoro Hank Paulson
- e lanciarono una proposta al capo della
SEC di allora, William Donaldson
(nominato da George Bush), ex banchiere
d'investimento.
Le banche proposero di accettare nuove
norme che impedissero loro di
intraprendere iniziative troppo rischiose, se
avessero ottenuto in cambio la rimozione
di qualsiasi limite alla quantità di prestiti
che volessero effettuare.
Basilea I si limitava a prendere atto della "storia"
patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale
di rimborso della stessa, senza avere la
possibilità di valutare se, quanto e in quanto
tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo
induceva un notevole immobilismo e
penalizzava fortemente tutta una serie di settori
e di investimenti, primi fra tutti quelli
sull'innovazione e sulla ricerca.
Tale coefficiente fissa l'ammontare minimo
di capitale che le banche devono possedere
in rapporto al complesso delle attività
ponderate in base al loro rischio creditizio.
In altri termini è una frazione il cui
numeratore è dato dall'ammontare di
patrimonio di cui dispone una banca ed il
denominatore dall'ammontare delle attività
ponderate per classi di rischio
• il Comitato di Basilea ha individuato i
principali fattori di rischio operativo:
 frode interna  frode esterna  rapporto di impiego e sicurezza sul posto di
lavoro  pratiche connesse con la clientela, i prodotti e
l'attività -
 danni a beni materiali
 disfunzioni e avarie di natura tecnica  conformità esecutiva e procedurale - esempi:
errata immissione di dati, gestione inadeguata
delle garanzie, documentazione legale
incompleta, indebito accesso consentito aconti
di clienti, inadempimenti di controparti non
clienti, controversie legali con fornitori.
Rischio di Credito
Il rating di Basilea II cambia notevolmente rispetto al passato ed
è improntato a una notevole flessibilità, restando però
vincolato ad un controllo incrociato di enti interni ed esterni
all'istituto. Basilea II, infatti, introduce la possibilità, per gli
istituti di credito, di affiancare ai rating emessi dalle agenzie
specializzate, Ecai (External Credit Assessment Institution),
rating prodotti al proprio interno. Ciò significa che le banche
potranno dotarsi di strumenti particolareggiati volti alla
misurazione del rischio.
Il fatto che le banche possano usare strumenti analitici
propri implica, chiaramente, la necessità di assicurare
principi di trasparenza ed omogeneità. Le banche
dovranno riferirsi a modelli che trovano le loro radici in
procedure automatizzate; così un sistema di rating risulta
essere l'intero complesso di raccolta, selezione,
organizzazione, e valutazione delle informazioni sui
soggetti che compongono il portafoglio crediti della
banca, le regole che ne presiedono il funzionamento, le
classi di rischio e le probabilità di insolvenza che le
contraddistinguono.
Metodologia STANDARD (Standardized
Approach)
Non presenta sostanziali cambiamenti rispetto
all'accordo di Basilea I, e prevede
l'accantonamento medio dell' 8% delle attività
ponderate per il rischio (inteso come valore
degli impieghi ponderate sulla base delle
caratteristiche della controparte affidata ovvero
del finanziamento concesso).
Inoltre, seguendo il principio dei requisiti
patrimoniali proporzionali al rischio degli
impieghi, propone che alle attività venga
assegnato un fattore di ponderazione
stimato da agenzie esterne (rating).
Questo correttivo permette agli istituti di credito
una certa sensibilità degli accantonamenti: ad un
rating molto alto (AAA) corrisponderà un
accantonamento più basso dell'8%, perché si
ritiene che l'azienda che chiede un credito dia
eccellenti garanzie di restituirlo nei tempi e
modi previsiti. Di contro, ad un rating basso
CCC corrisponderà un accantonamento
maggiore.
• Il rating è un metodo utilizzato per classificare
sia i titoli obbligazionari che le imprese in base
alla loro rischiosità. In questo caso, essi si
definiscono rating di merito creditizio. Viene
espresso attraverso un voto in lettere in base al
quale il mercato stabilisce un premio per il
rischio da richiedere all'azienda per accettare
quel determinato investimento. Scendendo nel
rating aumenta il premio per il rischio richiesto e
quindi l'emittente deve pagare uno spread
maggiore rispetto al tasso risk-free.
I rating sono periodicamente pubblicati da agenzie
specializzate, principalmente Standard & Poor's,
Moody's e Fitch Ratings. Una prima tipologia di
potenziale conflitto di interesse riguarda i
soggetti che pubblicano i rating e nel contempo
svolgono attività di banca di investimenti. Il
rating potrebbe essere strumentalizzato
nell'interesse della banca ovvero dei clienti per
attività speculative in Borsa, o per l'acquisizione
di asset a prezzi di realizzo.
• Standard & Poor's
AAA Elevata capacità di ripagare il debito
AA Alta capacità di pagare il debito
A Solida capacità di ripagare il debito, che
potrebbe essere influenzata da circostanze
avverse
BBB Adeguata capacità di rimborso, che però
potrebbe peggiorare
BB, B Debito prevalentemente speculativo
CCC, CC Debito altamente speculativo
D Società insolvente
• Moody's
Aaa Livello minimo di rischio
Aa Debito di alta qualità
A Debito di buona qualità ma soggetto a rischio futuro
Baa Grado di protezione medio
Ba Debito con un certo rischio speculativo
B Debito con bassa probabilità di ripagamento
Caa, Ca, C Società insolvente
Un declassamento del rating di aziende o
soggetti pubblici particolarmente indebitati,
ha la conseguenza a breve termine di
provocare un rialzo degli interessi applicati
ai prestiti in corso, e quindi un aumento
degli oneri finanziari. Il debitore potrebbe
cedere beni immobili e mobili di sua
proprietà a prezzi di realizzo, per evitare
un peggioramento del rating.
Non raramente, la maggior fonte di
finanziamento dei costosi studi che
portano a valutare il rating, non sono le
agenzie di stampa e la comunità
finanziaria, ma le stesse società emittenti
oggetto dell'indagine e singoli investitori
con molta liquidità. In questi casi, è
evidente un conflitto d'interessi.
Infatti, per avere un rating, una società, una banca
o uno Stato devono rivolgere una richiesta
esplicita a una delle agenzie di rating. Il servizio
è a pagamento. Ottenuto l'incarico, l'agenzia
inizia l'analisi della società, della banca o dello
Stato. L'analista incaricato attinge da
informazioni pubbliche (ad esempio, i bilanci),
studia i fondamentali economici e finanziari e
incontra i manager per raccogliere tutte le
informazioni necessarie.
L'omissione o la ritardata diffusione non
tempestiva avviene per favorire un cliente
dell'agenzia di rating che può pagare per avere
informazioni privilegiate oppure fornire una
percentuale su guadagni ottenuti speculando a
breve termine al ribasso, con la vendita del titolo
a prezzi ancora remunerativi prima che la
diffusione delle informazioni sulla reale
situazione dell'emittente, induca il crollo del
corso azionario.
Esiste poi una seconda forma, più "strutturale", di
conflitto d'interessi. La realizzazione di uno
studio di settore o particolareggiato su un titolo,
determina un costo fisso che deve essere
remunerato. Chi paga gli studi di settore finanzia
quest'attività e a sua volta desidera che le
informazioni in suo possesso siano redditizie;
propriamente non paga solo le informazioni, ma
la disponibilità di queste informazioni che
devono restare riservate, al limite disponibili a
chi paga altrettanto per venirne a conoscenza.
Per vedere il rating dei debiti dei paesi
andare su
http://www.standardandpoors.com/ratings/so
vereigns/ratingslist/en/us/?sectorName=Governments&su
bSectorCode=&filter=A
Scoprirete che Spagna ed Irlanda hanno un
debito meglio dell’Italia che lo ha uguale a
quello Cinese…
La metodologia standard analizza variabili
qualitative e quantitative di tipo statico,
come la categoria economico-giuridica
dell'azienda da finanziare, o la dimensione
aziendale. Questa metodologia costituisce
una piramide relazionale, per cui esiste una
sorta di mediazione nel rapporto tra bancaimpresa. Quindi è, a ben vedere, una fonte
di deresponsabilizzazione per le banche.
La precedente metodologia ha il difetto di creare
instabilità nel sistema economico, e soprattutto
è causa di scarsa cura nei rapporti bancaimpresa.
l'accordo prevede che le banche possano
calcolare, sulla base di strumenti analitici
propri (previamente approvati dagli organi di
vigilanza), la PD (probabilità di default).
• La definizione di default deve avere valore comune a
livello internazionale, dato che i finanziamenti si
muovono su scala internazionale. La definizione data
è la seguente: si ha default del prenditore al
ricorrere di almeno una tra due condizioni: la
prima di tipo soggettivo (la banca ritiene
improbabile che il debitore adempia in pieno alle
sue obbligazioni) e la seconda di tipo oggettivo
(sussiste un ritardo nei pagamenti di almeno 90
giorni).
È l'approccio più avanzato, sofisticato e, per
conseguenza, costoso. Calcola infatti altri due
fattori distinti: LGD (loss given default) e EaD
(exposure at default).
L'LGD (letteralmente, la perdita manifestata in
caso di insolvenza) risponde alla domanda: "Se
il cliente a cui presto dei soldi sarà
inadempiente, quale percentuale del prestito
andrà persa, al netto dei recuperi?".
L'EaD (letteralmente, l'esposizione presente al
manifestarsi dell'insolvenza) implica la
domanda: "E quale sarà l'importo
effettivamente prestato al momento
dell'insolvenza? Cioè a che punto della storia
del prestito il mio debitore avrà seri problemi
con i pagamenti? Quanto mi avrà restituito nel
mentre?"
Il grande pregio di Basilea II è il realismo
delle analisi del rapporto rischio/redditività
e la necessità di aggiornarle di continuo,
seguendo dunque le aziende e il mercato
molto più da vicino. Questo favorisce gli
investimenti in innovazione e ricerca, che
sono più rischiosi, ma possono generare
maggiore reddito nel futuro e maggior
crescita economica
Basilea II, inoltre, darà alle banche una maggior
discrezionalità nelle decisioni imprenditoriali di
quelle imprese che chiedano un credito: in
questo senso la banca diventa una sorta di
Consulenza-controllore di qualità dell'impresa.
Il contro è che i rating e le metodologie previsti
hanno costi molto più elevati. Alcuni
imprenditori, inoltre, lamentano la prospettiva
dell'ingerenza degli istituti nelle decisione
strategiche delle aziende, come una mancanza di
autonomia.
Più accurate sono le analisi e le informazioni che
una banca può ottenere rispetto ad un'impresa,
meno la banca rischia che l'impresa non
restituisca i soldi che le sono stati prestati. Meno
la banca rischia, meno ha necessità di
accantonare denaro (il cosiddetto requisito
minimo) per tutelarsi. Meno denaro accantona,
meno lo deve ricaricare sui clienti, risultando,
quindi, più competitiva di una che non abbia
effettuato analisi così specifiche.
Ne consegue che i grandi istituti, in grado di
supportare i costi di queste analisi
particolarmente complesse, potranno
detenere requisiti patrimoniali minimi
minori rispetto a quelli necessari per gli
istituti più piccoli. Basilea II introduce, di
fatto, una discriminante forte tra istituti di
credito.
Nell'ottica di Basilea II cambiano i ruoli per
le piccole e medie banche. Infatti queste
ultime potrebbero operare sul mercato dei
crediti differenziandosi dalle grandi
banche mediante una focalizzazione
maggiore nella concessione di crediti alle
piccole e medie imprese (PMI).
Basilea II è stata sottoposta da più parti a
critiche per l'atteggiamento indotto nei
confronti delle PMI. Una PMI, infatti, ha
minori possibilità di generare reddito o di
generarne di ingente.
E' ciclica
Il rating diventa un valore assoluto (che fare
di fronte a un caso Parmalat)???
Un rapporto di maggior controllo fattuale da
parte della banca, inoltre, renderebbe
anche assai più oneroso, difficile e
rischioso per l'impresa avere scarsa cura
del proprio assetto patrimoniale e
perpetrare falsi in bilancio.
Le banche, infatti, rischiando di concedere denaro
che non verrà loro restituito e avendo gli
strumenti adatti, effettuano analisi estremamente
minuziose alla ricerca di falle e discrepanze
nelle dichiarazioni patrimoniali. Un'impresa che
maneggi o annacqui i bilanci si vedrebbe
assegnare un rating molto più basso e
pagherebbe molto di più il denaro che le
verrebbe concesso, sempre che la banca si
decida a concederlo.
Il Comitato per la supervisione bancaria di Basilea
ha calibrato nel corso del 2010 nuove regole per
la gestione delle attività a rischio del sistema
bancario, note come "Basilea III"; queste nuove
regole dovranno integrare o sostituire sia la
versione del 1988 (Basilea I) sia la versione
Basilea II entrata in vigore nel 2008. Le regole
di Basilea III si articoleranno su tre punti: la
garanzia di liquidità a breve, la trasformazione
delle scadenze e i requisiti di capitale.
L'adozione di Basilea III è controversa.
Alcuni critici sostengono che questo
sistema di regole porterebbe
all'abbassamento del core Tier 1 di
importanti istituti bancari e, se
implementato in un frangente di profonda
crisi economica e finanziaria,
aumenterebbe il rischio di credit crunch
Ritornando alla nostra obbligazione:
Il MPS potrebbe aver bisogno di capitali e
vendendo i mutui ai clienti abbassa il
livello di capitale richiesto. Ma potrebbe
invece trasferire il rischio dell’obbligazione
ai clienti.
Com’e’ fatto un mutuo?
Il mutuo sostanzialmente fa capire come
opera e guadagna una banca.
Ossia prende i soldi a breve (si rifornisce di
denaro con un tasso denominato Euribor)
e li presta a lungo termine (in genere con
uno spread intorno all’1, 1,25 %)
Se il tasso Euribor sale, la rata del mutuo sale. Se
il tasso euribor scende, la rata del mutuo scende
(o almeno dovrebbe..) Tutti i mutui nascono a
tasso variabile.
Se uno vuole tutelarsi dall’aumento dei tassi, fa un
mutuo a tasso fisso. Ossia prende il mutuo e fa
uno SWAP (ossia un Ente finanziario si assume
il rischio (al posto del cliente) della variazione
dei tassi Euribor). Ovviamente lo SWAP costa
(ed è per questo che i mutui a tasso fisso
costano di più di quelli variabili)
Lo SWAP è un titolo derivato (quelli definiti
“tossici” attualmente) e sostanzialmente
dovrebbe servire a trasferire il rischio da
chi non lo sa gestire a chi (almeno
teoricamente) dovrebbe saperlo gestire
meglio. Ovviamente il cliente deve pagare
questa tutela (Ohimè… è capitato in molti
casi recenti che le banche hanno trasferito
il rischio da loro ai clienti FACENDOSI
PURE PAGARE..)
Un mutuo a tasso variabile dovrebbe essere
un prodotto low cost,
un mutuo a tasso fisso, o un mutuo che
permette di scegliere fra le due opzioni
(fisso e variabile) è un mutuo strutturato e
costa sicuramente di più (esattamente
come per le macchine. Se una macchina
non ha l’airbag dovrebbe costare di meno
di una che ce l’ha)
Cosa fa una banca per tutelarsi dal rischio
che il cliente non paghi le rate e lei si
ritrova con una casa sul groppone?
Copre con il mutuo l’80% del valore della
casa (quindi questa erogazione di denaro
e’ garantita – più o meno- dalla casa).
Cosa succede se il cliente non ha il 20%
rimanente?
- O rinuncia a comprare casa (scelta
saggia)
- O fa un altro mutuo (a tassi più alti) che
non è garantito dalla casa (mutui
subprime) e che copre il 20% rimanente. Il
cliente (se i prezzi delle case salgono) può
rinegoziare il mutuo..(l’80% del valore
della casa è salito..)
I mutui subprime sono più rischiosi e
naturalmente devono essere erogati a
tassi piu’ alti (spannometricamente
Tasso Euribor + 1% (commissione banca) +
tasso previsto di default (3-4%) ).
Inoltre (Basilea 1) le Banche devono
accantonare un capitale di garanzia (per
ogni evenienza)
Il cliente compra il diritto di avere gli
interessi sul capitale garantito dalla casa
(l’80% del valore della casa). In caso di
mutuo prepagato, questa tipologia di
cliente ci perde seccamente (e questo
motiva il perche’ della penale che esiste
(esisteva) sull’estinzione anticipata del
mutuo (per risarcire questi clienti)
Il cliente compra il diritto di avere il capitale
NON garantito dalla casa (il rimanente
20% del valore della casa). In caso di
mutuo prepagato, questa tipologia di
cliente ci guadagna.
Il cliente compra il diritto di avere gli
interessi sul capitale NON garantito dalla
casa In caso di mutuo prepagato, questa
tipologia di cliente ci perde seccamente e
come nel caso precedente, in caso di
turbolenze, queste obbligazioni sono
meno garantite di quelle precedenti
La Banca guadagna , in commissioni, due
volte (stipulando il mutuo e vendendo il
prodotto al cliente) e inoltre il rischio, che
avrebbe dovuto essere gestito dalla
banca, viene trasferito all’inconsapevole
cliente. Siccome la banca guadagna due
volte e senza rischio…tende a stipulare i
mutui anche quando mancano le
necessarie garanzie….(tanto paga il
cliente…..).
Quindi potrebbe essere che la banca abbia fatto
mutui NINJA (No income, no job or assets) e li
stia scaricando sui clienti..ohibo’…
E il callable? Considerate che dopo 10 anni un
mutuo e’ sicuro. Infatti prendete un mutuo
trentennale sull’80% del valore della casa e
considerate una inflazione del 2%
Se il prezzo della casa seguisse l’inflazione il
valore della casa sarebbe circa 125, mentre
dopo 10 anni il mutuo ha rimborsato almeno il
20% del valore della casa. Quindi anche se non
fossero pagate piu’ le rate la banca non ci
perderebbe..
Se conviene alla banca (se quota piu’ di cento)
sara’ esercitato il diritto di call alla pari, altrimenti
l’obbligazione sara’ lasciata sul groppone del
correntista